Costruttori e immobiliaristi: abbattere le imposte per riqualificare il patrimonio

Reintroduzione, almeno fino al 2020 della detrazione Irpef pari al 50% dell’Iva pagata per l’acquisto di abitazioni in classe energetica elevata (almeno A/1); estensione alle zone a rischio sismico 2 e 3 della detrazione Irpef 75%/85% del prezzo di vendita (fino a 96mila euro) per l’acquisto di case antisismiche da imprese di costruzione; aliquota Iva del 5% sugli interventi di adeguamento antisismico e di rimozione dell’amianto realizzati su edifici residenziali; stabilizzazione dell’attuale detrazioni Irpef del 50% per il recupero edilizio (evitando la riduzione dello sgravio al 36% prevista a partire dal primo gennaio 2019. 
Sono solo alcune delle numerose proposte in materia di fiscalità immobiliare che si leggono nel Libro bianco sulla fiscalità immobiliare che l’Ance ha realizzato in collaborazione con Legambiente, Assoimmobiliare e le cooperative (di abitazione e produzione). 

«Nella prossima legge di bilancio chiediamo al governo un’attenzione alla fiscalità immobiliare nel senso di incentivare la rigenerazione urbana e la riqualificazione del territorio», ha detto il presidente dell’Ance Gabriele Buia, che insieme al vice presidente dell’associazione dei costruttori (e presidente dei costruttori di Milano), Marco Dettori, ha illustrato le proposte. 

Proposte che non si limitano solo al pacchetto degli sgravi eco-sismici e alle semplificazioni e al potenziamento dello strumento della cessione del credito ma che investono più in generale le grandi riqualificazioni urbane e toccano anche il riordino del catasto. 
«per premiare gli immobili performanti ed efficienti – chiedono i costruttori – occorre introdurre un coefficiente che tenga conto della classe di efficienza energetica posseduta dall’immobile, che agisca in senso inversamente proporzionale sulla rendita e sul valore catastale imponibile, proprio alla luce del minor impatto ambientale (e sociale) del fabbricato».

Gli immobiliaristi hanno chiesto in modo particolare misure in grado di attrarre investimenti sulle grandi operazioni di rigenerazione urbana. «Bisogna rimuovere un disincentivo economico che si chiama l’indetraibilità dell’Iva al momento dell’investimento o del costo di ristrutturazione», ha chiesto Silvia Rovere, presidente di Assoimmobiliare e amministratore delegato di Morgan Stanley Sgr, società di gestione dei fondi immobiliari dell’omonimo gruppo. «L’investimento nel residenziale – ha spiegato la manager – non è ricco, e ancor meno negli ambiti urbani periferici. Se non ho l’opzione per applicare l’Iva sugli affitti alle famiglie, avrò un “prorata” in contabilità che mi uccide il conto economico. Questo spiega perché non ci sono capitali».
«In Italia – ha detto la manager – da almeno 20 anni c’è un blocco assoluto per i grandi investimenti immobiliari volti alla grandi rigenerazioni delle città. Oggi i capitali per le grandi trasformazioni urbani sono disponibili, a condizione di rimuovere disincentivi che ci sono in Italia e non ci sono. In questo momento Morgan Stanley investe 50 miliardi nel real estate nel mondo. In Italia abbiamo un miliardo investito in Italia ma non c’è un euro investito in residenziale. Invece, sui 50 miliardi investiti globalmente, il residenziale è la seconda asset class per valore, dopo gli uffici e prima del commerciale. L’anno scorso a Berlino abbiamo comprato immobili residenziali per 1,1 miliardi e neanche un euro in Italia». 
Gli immobiliaristi chiedono anche di rivedere le norme sulle bonifiche. «Serve un approccio pragmatico – propone sempre il presidente di Assoimmobiliare – dobbiamo orientarci a un corretto compromesso: non si possono immaginare delle norme come quelle del comune di Milano sulle terre da scavo, che ti costringono a bonifiche impossibili che non fa nessuno. Non dico che debba essere tutto sulle spalle del pubblico ma se la metà del mio ritorno lo spendo nella parte di bonifica probabilmente non avrò incentivi a fare interventi».

M.Fr.

Da: Il Sole 24 Ore , 27/09/2018

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