Gare più semplici per l’assegnazione dei lavori pubblici di taglia medio-piccola. È la novità dell’ultima ora per la bozza di decreto correttivo al codice degli appalti (D.lgs 50/2016) che oggi sarà sul tavolo del Consiglio di ministri per l’ok finale.
Dopo un defatigante iter – che ha coinvolto anche Conferenza unificata, Consiglio di Stato e Commissioni parlamentari – questa mattina il decreto affronta l’ultimo passaggio. Per non superare la scadenza fissata dalla delega il varo definitivo del provvedimento con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (o quanto meno la firma del Capo dello Stato, segnalano i giuristi) deve avvenire entro il 19 aprile. Lungo il percorso il decreto ha acquistato sempre maggiore mole. Ora siamo a quota 131 articoli, con centinaia di modifiche apportate a un codice che ne conta in tutto 220 e che è entrato in vigore giusto un anno fa.
Tra queste, quella più attesa da imprese e Comuni è proprio quella sulla gestione delle piccole gare. Uno dei maggiori indiziati dell’inceppamento del motore degli appalti – in realtà pure prima piuttosto ingolfato – in seguito all’entrata in vigore della riforma. Per rendere più rapide le procedure di aggiudicazione e, dunque, passare in fretta dalle gare ai cantieri, alle Infrastrutture hanno deciso di raddoppiare da uno a due milioni la soglia di utilizzo del criterio del prezzo più basso per assegnare le opere. Ma a precise condizioni.
La prima è che l’appalto venga assegnato sulla base di un progetto esecutivo, dunque senza possibilità di intervento sul progetto da parte dei costruttori, che dovranno limitarsi a eseguire i lavori. La seconda è che entri in campo il «metodo antiturbativa», cioè l’esclusione automatica delle offerte che presentano percentuali di ribasso inferiori o superiori alla media, sorteggiando solo in corso di gara il criterio matematico per individuarle. Con questo accorgimento si dovrebbe evitare il rischio di formazione di cartelli, accelerando di molto le procedure (e riducendo i costi) di assegnazione degli appalti. Le amministrazioni verrebbero infatti alleggerite dall’obbligo di dover valutare altre variabili oltre al prezzo: una scelta poco sensata, dicono imprese e comuni, quando in gara c’è un progetto esecutivo di lavori medio-piccoli. Mentre l’esclusione automatica delle «offerte anomale» evita la procedura di valutazione di congruità delle proposte in contraddittorio con le imprese a rischio di esclusione. Per le opere sotto al milione, in presenza di più di 10 offerte, l’utilizzo di questa formula diventa anzi obbligatorio per assegnare i lavori.
Non è questa l’unica novità che riguarda i criteri di aggiudicazione degli appalti. Un’altra riguarda i parametri da valutare quando si guarda alla qualità della prestazione oltre che al semplice ribasso di gara («offerta economicamente più vantaggiosa»). In questi casi, come proposto dal Parlamento (i cui rilievi sono stati tutti accolti dalle Infrastrutture), la stazione appaltante non potrà attribuire più del 30% del punteggio all’impresa che offre il prezzo più basso. Il resto dei punti andranno assegnati sulla base degli elementi di valutazione tecnica.
Tornando ai piccoli appalti, viene accolta nel testo anche la proposta di alzare a un minimo di 15 il numero delle imprese da invitare alle procedure negoziate di importo compreso tra 150mila euro e un milione.
Infine una nota sui partenariati pubblico privati. Nonostante il parere contrario del Consiglio di Stato, Porta Pia ha deciso di tenere duro sull’innalzamento del tetto al contributo pubblico: la bozza licenziata dal Mit conferma il passaggio dal 30% al 49 per cento.
Mauro Salerno
Da: IlSole24ore, 13/04/2017
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